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16/04/2021

Nuovi rifiuti urbani. Il ministero fornisce indicazioni sull’interpretazione delle nuove norme.

La circolare del ministero afferma che non possono essere assoggettati alla tassa rifiuti i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti delle attività industriali e artigianali, sia con riferimento alla quota fissa sia alla quota variabile

 

 

Il ministero della transizione ecologica ha recentemente diramato una circolare sugli effetti della nuova classificazione dei rifiuti e sull’applicazione della tassa rifiuti (TARI) alle utenze non domestiche. Gli aspetti più rilevanti della nota sono i seguenti.

 

La nuova definizione di “rifiuti urbani”, individuando i rifiuti “provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici”, comporta il superamento della nozione di rifiuti speciali assimilati ai rifiuti urbani. I comuni non hanno più il potere di regolamentare l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani.

 

Riduzione della quota variabile per i rifiuti avviati al recupero

La riduzione della quota variabile prevista dall’articolo 1, comma 649, della Legge 147/2013 (la norma istitutiva della tassa rifiuti)  deve essere riferita a qualunque processo di recupero, e non solo al riciclo, al quale i rifiuti sono avviati. L’attestazione rilasciata dal gestore dell’impianto è pertanto sufficiente ad ottenere la riduzione della quota variabile della TARI proporzionale alle quantità dei rifiuti autonomamente avviati a recupero.

 

Servizio pubblico o operatori privati

Il produttore del rifiuto è tenuto a comunicare formalmente all’ente gestore di ambito ottimale oppure al comune la scelta di non avvalersi del servizio pubblico di raccolta. L’opzione quinquennale per il conferimento al servizio pubblico di raccolta o per il ricorso ad operatori privati, nel caso di scelta dei privati, non comporta per il produttore dei rifiuti urbani l’obbligo di servirsi per tutto il periodo di una determinata impresa. La comunicazione relativa alla scelta di affidarsi a un gestore alternativo a quello del servizio pubblico – precisa il ministero - deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti avviati autonomamente al recupero e, dal 2022, diverrà efficace a partire dall’anno successivo a quello della comunicazione.   

 

Uffici e mense delle imprese industriali

La circolare ministeriale ritiene che le imprese industriali, sebbene non siano comprese nell’elenco delle attività economiche ritenute capaci di generare i nuovi rifiuti urbani (allegato L-quinquies), generino comunque rifiuti urbani nei locali mensa e negli uffici. Per questi locali si dovranno corrispondere sia la quota fissa sia quella variabile della tassa.

 

La tassa non si applica ai magazzini delle attività industriali e artigianali

L’aspetto più rilevante è però la conferma di quanto in precedenza già chiaramente precisato nella legge istitutiva della tassa e avvalorato formalmente dal ministero dell’economia e delle finanze:

“le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile”.

L’affermazione di questo principio dovrebbe pertanto contribuire a superare definitivamente l’annoso contenzioso che contrappone le imprese industriali e artigianali ai comuni.

 

Attività agricole e agrituristiche

La circolare precisa, riportando i riferimenti normativi nazionali ed europei, che devono essere classificati come speciali tutti i rifiuti derivanti dalle attività agricole, agroindustriali e della pesca, comprese quelle ad esse connesse.  Ciononostante il ministero sostiene che sia necessario:

«considerare la previsione di chiusura di cui all’allegato L-quinquies, della Parte quarta del TUA che chiarisce che “Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe”».

Secondo questa interpretazione, pertanto, gli agriturismi genererebbero rifiuti urbani.  La logica conseguenza dovrebbe essere l’affermazione della possibilità di assoggettare alla TARI le superfici delle imprese agricole adibite ad attività agrituristiche. La circolare, invece, afferma che:

«sulla base di tale previsione, per le suddette utenze deve ritenersi ferma, quindi, la possibilità, in ogni caso, di concordare a titolo volontario con il servizio pubblico di raccolta modalità di adesione al servizio stesso per le tipologie di rifiuti indicati nell’allegato L-quater della citata Parte quarta del TUA». 

 

Conferimento al servizio pubblico senza limiti quantitativi

La nota del ministero della transizione ecologica, infine, assume una netta posizione sulla possibilità di fissare di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico:

«tale possibilità è esclusa dalle disposizioni unionali, recepite puntualmente nell’ordinamento interno. In ogni caso, vale la pena di sottolineare che i comuni sono tenuti ad assicurare la gestione dei rifiuti urbani, compreso lo smaltimento in regime di privativa, ove l’utenza non domestica scelga di avvalersi del servizio pubblico».

 

Paolo Pipere, consulente giuridico ambientale